lunedì 30 novembre 2015

Nuove soluzione per la movimentazione dei pazienti



Nel contesto del comparto sanitario i principali strumenti previsti dalla legge per la prevenzione dei rischi sono il documento di valutazione dei rischi, per individuare le misure generali di contenimento dei rischi stessi e la sorveglianza sanitaria per tutela individuale per i soggetti particolarmente sensibili a determinati rischi.

Nell’attività di assistenza sanitaria i rischi prevalenti sono il contatto rischioso con agenti biologici, non considerato in questo intervento, e la movimentazione dei pazienti in quanto presenta rischi tra l’altro per il rachide dorso-lombare. Quest’ultimo rischio è foriero di numerose limitazioni sulle attività espletabili dal personale, al punto da mettere in crisi la sostenibilità del sistema sanitario pubblico.

Si è appurato che l’approccio tradizionale non permette di valorizzare adeguatamente la riduzione del rischio ottenuta con la formazione del personale e l’acquisto di numerosi ausili, o per lo meno tale riduzione del rischio non sempre comporta una migliore gestione del personale con limitazioni alla movimentazione dei pazienti. Una possibile soluzione più efficace consiste nello sviluppare un approccio innovativo rispetto alla gestione del rischio da movimentazione pazienti integrando in un unico prodotto gli aspetti di sicurezza sul lavoro e di continuità dell’assistenza sanitaria, nella consapevolezza che una adeguata gestione del rischio crea e protegge il valore, ed è parte integrante dei processi dell’organizzazione.

Una possibile risposta a tale volontà si è concretizzata in un sistema di movimentazione sicura dei pazienti denominato SpoSo-Poletti, il cui nome deriva dagli acronimi Spo = spostamenti e So = sollevamenti, associato al nome dell’ideatore del sistema Mario “Ilario” Poletti, vice Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione aziendale, prematuramente scomparso nel 2008.

Il sistema SpoSo-Poletti responsabilizza tre soggetti e valorizza tre attività:
-il Servizio Prevenzione e Protezione (SPP), che deve sviluppare un Documento di Valutazione dei Rischi di supporto all’attività sia del Medico Competente (MC) che della Direzione delle Professioni Sanitarie;
-il Medico Competente, che deve esprimere le eventuali limitazioni sul giudizio di idoneità con una modalità coerente con la valutazione del rischio;
-la Direzione delle Professioni Sanitarie (DPS), che diventa il cliente interno dei precedenti, che gestisce il personale sanitario rispettando in modo evidente le limitazioni individuali tramite la collocazione del personale con idoneità limitate nelle sole unità operative il cui rischio risulta compatibile con la limitazione individuale.

È una modalità di gestione della sicurezza dei lavoratori che ha precorso i tempi e che presenta aspetti professionali, etici ed economici impegnativi, in quanto impegna il MC e il SPP ad una attività strettamente integrata e coordinata, richiede una gestione del personale in assoluta trasparenza, e deve essere sostenuto da un impegno economico da parte della Direzione Aziendale per garantire l’introduzione di attrezzature di lavoro mirate a ridurre i rischi tali da ridurre costantemente i rischi nelle unità operative.

Concretamente la valutazione del rischio è espressa numericamente da un indice di rischio che considera il lavoro medio svolto dagli operatori moltiplicato per fattori che ponderano le condizioni operative dell’unità considerata. Tale valore numerico continuo è quindi inserito in un sistema di fasce di isorischio che caratterizzano il rischio associato alle unità operative.

Si riporta la tabella descrittiva delle fasce di rischio dello SpoSo-Poletti originale:

Indice di Rischio SpoSo-Poletti
Livello di rischio – Fascia codice colore
Fino a 0,8
Trascurabile – Fascia Bianca
Da 0,8 a 2,5
Basso – Fascia Verde
Da 2,5 a 5,0
Medio – Fascia Gialla
Superiore a 5,0
Alto – Fascia Rossa

Il Sistema SpoSo-Poletti ha trovato finalmente un supporto nella normativa internazionale solo nel 2010 con la norma ISO UNI 31000 “Gestione del rischio” che considera tutti i rischi relativi alle attività aziendali, nel nostro caso l’erogazione dell’assistenza sanitaria in un contesto di continuità e sostenibilità dell’assistenza sanitaria, in condizioni di sicurezza per gli operatori.

venerdì 27 novembre 2015

Intelligenza Emotiva



Per meglio comprendere il significato del concetto di intelligenza emotiva analizziamone le radici, già negli anni venti dello scorso secolo Thorndike sosteneva l’esistenza di un intelligenza sociale che coincideva con la capacità di capire e dirigere le persone ed agire saggiamente nelle relazioni interpersonali. Abbastanza simile a questa intelligenza è l’intelligenza interpersonale proposta invece da Gardner negli anni ottanta e che coincide con la capacità di riconoscere e fare distinzioni riguardo i sentimenti, le intenzioni e le credenze altrui.

A questo tipo d’intelligenza Gardner ne affiancava una seconda più introspettiva: l’intelligenza intrapersonale, ovvero la capacità di riconoscere i propri sentimenti. Questi due tipi di intelligenza quando sono considerati insieme costituiscono l’intelligenza personale. Secondo Gardner, infatti, intelligenza intrapersonale ed interpersonale sono strettamente collegate e per questo motivo non è semplice riuscire sempre a distinguerle. Tuttavia, una prova della loro autonomia sarebbero ad esempio i bambini autistici in cui è compromessa l’intelligenza interpersonale ma non quella intrapersonale. 

Gardner includeva queste due tipologie di intelligenza insieme ad altre cinque all’interno del suo modello delle intelligenze multiple. In particolar modo, questo studioso criticava la visione, allora predominante, secondo la quale l’intelligenza coincide con una capacità unitaria di ragionamento logico. Il contributo di Gardner ha indubbiamente spianato il terreno per il successivo affermarsi dell’intelligenza emotiva. 

La prima definizione si deve al lavoro di Salovey e Mayer (1990) che definiscono l’intelligenza emotiva come “l’abilità di monitorare le emozioni e i sentimenti propri e altrui, distinguere tra questi ed usare le informazioni per guidare il pensiero e le azioni di qualcuno”. In particolare questi due studiosi considerano l’intelligenza emotiva come un sottoinsieme dell’intelligenza intrapersonale ed intrapsichica di Gardner.  

In aggiunta, Salovey e Mayer (1990) considerano l’intelligenza emotiva come l’abilità di processare l’informazione affettiva. Quest’abilità comporterebbe in particolar modo il coinvolgimento di tre processi differenti: valutazione ed espressione delle emozioni in se stessi e negli altri, regolazione delle emozioni in se stessi e negli altri, uso delle emozioni in modo adattivo. Il best-seller di Goleman (1995), “Intelligenza Emotiva”, è stato fondamentale perché il concetto diventasse estremamente popolare anche al di fuori del campo della ricerca psicologica. 

Negli anni successivi la ricerca sull’intelligenza emotiva o anche quoziente emozionale, come spesso è stato chiamato, hanno preso sempre più il sopravvento ottenendo un attenzione crescente sia dal mondo scientifico che da quello popolare. Per Goleman (1995), l'intelligenza emotiva coincide con la perseveranza nel raggiungere un obiettivo, con la capacità di motivare se stessi, ma anche con la predisposizione all'empatia, alla speranza, all'ottimismo e all'assertività. Tuttavia queste sono dimensioni che appartengono alla personalità e dunque dovrebbero essere ortogonali all'intelligenza.

mercoledì 25 novembre 2015

Verifica attrezzature


In merito alla verifica delle attrezzature i verificatori dei soggetti abilitati durante l'effettuazione delle verifiche periodiche assumono la qualifica d’incaricati di pubblico servizio ai sensi dell'articolo 71, c. 12, del D.Lgs. n. 81/2008, e come tali hanno l’obbligo di denuncia all’Autorità Giudiziaria o ad un'altra Autorità a cui sono obbligati a riferire del reato del quale abbiano avuto notizia nell'esercizio o a causa del servizio (art.362 c.p.).
 
I verificatori tuttavia non possono effettuare i controlli di parte e indagini supplementari poiché gli stessi devono possedere i requisiti d’indipendenza e imparzialità e quindi non possono eseguire i controlli interni di parte, ossia non possono effettuare né i controlli previsti dall’art.71, c. 8, del D.Lgs. n. 81/2008, che sono finalizzati ad assicurare il buono stato di conservazione e l’efficienza a fini di sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da persona competente, né le c.d. indagini supplementari previste al punto 2 lett. c) dell’allegato II al D.M. 11 aprile 2011.

Le verifiche successive sono effettuate su libera scelta del datore di lavoro dalle ASL o, ove ciò sia previsto con legge regionale, dall’ARPA, o da soggetti pubblici o privati abilitati che vi provvedono secondo le modalità di cui al c.13 dell’art. 71, del D.Lgs. n.81/2008.

Qualora invece un’impresa debba urgentemente utilizzare un’attrezzatura di lavoro per la verifica scaduta non sono valide le verifiche effettuate da professionisti o imprese installatrici che non rientrino tra i soggetti abilitati secondo la vigente normativa (Cfr. allegato I D.I. 11 aprile 2011 e  C. M.Lavoro e P.S. 25 maggio 2012, n.11); in tale fattispecie il datore di lavoro non può invocare la buona fede (Cass. pen. sez. III, 6 dicembre 2011, n. 45329).

L’omessa richiesta delle verifiche periodiche prevista dall’art. 71, c.11, del D.Lgs. n. 81 del 2008, comporta a carico del datore di lavoro e del dirigente una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 548,00 a 1.972,80 euro (art. 87, c.4, lett. b); in tale fattispecie trova applicazione il regime previsto dall’art. 301 –bis dello stesso decreto, che consente l’estinzione agevolata degli illeciti amministrativi da parte non solo del datore di lavoro ma anche dei dirigenti – oltre che del medico competente e dei lavoratori – i quali sono ammessi a pagare una somma pari alla misura minima prevista dalla legge qualora provvedano a regolarizzare la propria posizione non oltre il termine assegnato dall’organo di vigilanza mediante verbale di primo accesso ispettivo.

Va rilevato che tale strumento è a disposizione sia degli ispettori delle ASL che delle DTL e trovano applicazione anche i principi generali contenuti nella legge 689/1981. Tuttavia, occorre anche rilevare che il mancato assoggettamento dell’attrezzatura di lavoro alle verifiche periodiche può determinare anche, in caso d’infortunio derivante dall’utilizzo della stessa, un elemento che aggrava la posizione del datore di lavoro in ordine alla responsabilità penale (artt. 589 – 590 c.c.).

In tal senso si è espressa anche la Cass. pen., Sez. IV, 11 giugno 2010, n. 22558, che in relazione al decesso di un lavoratore ha riconosciuto la sussistenza di una colpa rilevante del delegato in quanto “ove fosse stata compiuta la prescritta verifica annuale i tecnici dell’ARPAL avrebbero potuto verificare la avvenuta recisione delle staffe di antiscarrucolamento e la disapplicazione dello schema di armamento delle funi rispetto a quanto previsto dal costruttore”.

martedì 24 novembre 2015

Assemblea Nazionale sull’Amianto

Il 30 novembre 2015 a Roma, a partire dalle ore 9.30 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani in Via della Dogana Vecchia 29, avrà luogo l’Assemblea Nazionale sull’AmiantoRiforme, giustizia, sviluppo: una sfi da ancora aperta. Verso un Testo Unico -

L’evento è organizzato dalla dottoressa Camilla Fabbri Presidente della Commissione d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali e vedrà tra le personalità di spicco che parteciperanno ai lavori anche l’intervento di Pietro Grasso (Presidente del Senato), Gian Luca Galletti (Ministro dell’Ambiente, della tutela del Territorio e del Mare), Federica Guidi (Ministro dello Sviluppo Economico), Andrea Orlando (Ministro della Giustizia), Giuliano Poletti (Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali), Sergio Chiamparino (Presidente della
Conferenza delle Regioni e delle Province autonome), Piero Fassino (Presidente dell’Anci), Tito Boeri (Presidente dell’Inps), Massimo De Felice (Presidente dell’Inail).

Interverranno inoltre anche Bruno Giordano (Magistrato presso la Corte di Cassazione), Claudio De Albertis (Presidente dell’Ance), Daniele Vaccarino (Presidente della Cna), Secondo Scanavino (Presidente della Cia), Loredana Musmeci (Dipartimento Ambiente e Prevenzione primaria dell’Istituto Superiore di Sanità), Claudio Iannilli (Responsabile Politiche Amianto della Cgil), Silvana Roseto (Segretaria Confederale della Uil), Giuseppe Farina (Segretario Nazionale Cisl e responsabile Ambiente, Salute, Sicurezza), Francesco Violante (Presidente della Società italiana medicina del lavoro e igiene industriale), Franco Bettoni (Presidente dell’Anmil), Nicola Pondrano (Presidente Fondo Nazionale Vittime dell’Amianto? e Bruno Pesce (Coordinatore Afeva).

Saranno inoltre presenti i Senatori della Commissione d’Inchiesta sugli infortuni sul lavoro e sulle malattie professionali e le Associazioni Nazionali dei Familiari delle Vittime dell’Amianto.

Invito Evento

lunedì 23 novembre 2015

Salute sui luoghi di lavoro la sindrome del burnout



La sindrome del burnout è una tipologia specifica di disagio psicofisico connesso al lavoro che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che implicano le relazioni interpersonali.  

Tale problematica è stata descritta inizialmente da H. Freudenberger e da C. Maslach che portarono avanti le prime osservazioni su tale fenomeno dopo il 1970 all’interno di un reparto di igiene mentale in cui avevano notato su alcuni operatori dei sintomi caratteristici di questo problema.  

Come sottolineano i risultati di alcune osservazioni sull’incidenza del fenomeno su mestieri differenti, "il burnout" colpisce in misura prevalente coloro che svolgono le cosiddette professioni d’aiuto o “helping professions” ma anche coloro che pur, avendo obiettivi lavorativi diversi dall’assistenza, entrano continuamente in contatto con persone che vivono stati di disagio o sofferenza.  

Il problema è stato riscontrato in modo predominante in coloro che operano in ambiti sociali e sanitari come medici, psicologi, assistenti sociali, counselors, esperti di orientamento al lavoro, fisioterapeuti, operatori dell’assistenza sociale e sanitaria, infermieri, guide spirituali, missionari e operatori del volontariato.  

A partire dai primi anni in cui il fenomeno è stato studiato, esso è stato riscontrato anche in tutte quei mestieri legati alla gestione quotidiana dei problemi delle persone in difficoltà, a partire dai poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco, fino ai consulenti fiscali, avvocati, nonché in quelle tipologie di professioni educative (es. insegnanti) che generano un contatto, spesso con un coinvolgimento emotivo profondo, con i disagi degli utenti con cui lavorano e di cui guidano la crescita personale.

Ne consegue che, se non opportunamente trattati, questi soggetti cominciano a sviluppare un lento processo di "logoramento" o "decadenza" psicofisica dovuta alla mancanza di energie e di capacità per sostenere e scaricare lo stress accumulato (il termine burnout in inglese significa proprio "bruciarsi"). In tali condizioni può anche succedere che queste persone si facciano un carico eccessivo delle problematiche delle persone a cui badano, non riuscendo così più a discernere tra la propria vita e la loro.

Il burnout comporta esaurimento emotivo, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale. Il soggetto tende a sfuggire l'ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi. 

Il burnout si accompagna spesso ad un deterioramento del benessere fisico, a sintomi psicosomatici come l'insonnia e psicologici come la depressione. I disagi si avvertono dapprima nel campo professionale, ma poi vengono con facilità trasportati sul piano personale: l'abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono elevati nei soggetti affetti da burnout.

Per misurare il burnout ci sono diverse scale ma è da ricordare la scala di Maslach: un questionario di 22 items, ossia domande, atte a stabilire se nell'individuo sono attive dinamiche psicofisiche che rientrano nel burnout. A ogni domanda il soggetto interessato deve rispondere inserendo un valore da 0 a 6 per indicare intensità e frequenza con cui si verificano le sensazioni descritte nella domanda stessa.

La prevalenza della sindrome nelle varie professioni non è ancora stata chiaramente definita, ma sembra essere piuttosto elevata tra operatori sanitari quali medici e infermieri (ad esempio, secondo un recente studio olandese in Psychological Reports, non meno del 40% dei medici di base andrebbe incontro ad elevati livelli di burnout), insegnanti e poliziotti.

Fonte: Wikipedia