Il fotografo dotato di
drone è soltanto l’ultima tendenza del business dei matrimoni, in Italia
fiorente come in poche altre parti del pianeta. La cosa che non sapete è che
molto probabilmente avete assistito a una serie di i irregolarità, se non
addirittura illeciti. Perché il fotografo in questione forse non aveva il
brevetto di pilota e l’autorizzazione per il sorvolo di aree critiche, né era
assicurato per danni a terzi. E in ogni caso, anche se provvisto di questi
documenti, non avrebbe potuto volare su un assembramento di persone.
L’era dei droni è già
presente, l’Italia è letteralmente invasa da questi mirabolanti quanto
accessibili giocattoli tecnologici, le norme per regolarne l’utilizzo sono
numerose e stringenti, ma gli utilizzatori spesso le ignorano o fingono di
ignorarle. Con tutti i rischi del caso per la sicurezza pubblica. «Il nostro
Paese – spiega Riccardo Delise, program manager di Enac per i mezzi aerei a
pilotaggio remoto – può essere considerato all’avanguardia. Tuttavia, siccome
ci troviamo di fronte a un settore giovane, non esiste ancora piena
consapevolezza da parte degli utilizzatori di quali sono i propri obblighi». In
tema di circolazione del velivolo e privacy.
Aeromodelli e aeromobil
Sul primo versante, il
testo di riferimento è il «Regolamento mezzi aerei a pilotaggio remoto»
pubblicato per la prima volta dall’Enac nel dicembre del 2013 e, da allora, per
tre volte oggetto di emendamenti. Una prima, fondamentale distinzione è quella
tra aeromodelli e aeromobili a pilotaggio remoto. «I primi – spiega Delise –
sono i droni utilizzati a scopo ludico, i secondi quelli usati a scopo
professionale, per attività che vanno dalle riprese al telerilevamento». Uno
stesso drone – magari un comunissimo Phantom Dji acquistabile su Amazon per circa
400 euro – può essere considerato aeromodello o aeromobile a seconda
dell’utilizzo e, conseguentemente, ne derivano condotte e obblighi molto
diversi.
«Con un aeromodello a
scopo ludico – aggiunge il funzionario di Enac – puoi volare solo al di fuori
dei centri abitati, in aree non critiche. Con un aeromobile a scopo
professionale puoi sorvolare le aree critiche, cioè le città». Fino a oggi
l’Enac ha rilasciato 5.500 autorizzazioni per mezzi a pilotaggio remoto, di cui
5mila per aree non critiche e 500 per aree critiche. Possono circolare nelle
aree critiche pur senza autorizzazione i droni al di sotto dei 300 grammi di
peso con protezione alle eliche e una velocità inferiore ai 60 chilometri
orari.
La differenza tra pilota
e operatore
Nell’utilizzo a fini
professionali, la regolamentazione distingue tra operatore e pilota, figure che
all’atto pratico possono anche coincidere. «L’operatore – secondo De Lise –
organizza il volo e quindi provvede a richiedere l’autorizzazione». Il pilota,
se il volo ha finalità professionali, «deve essere in possesso di regolare
brevetto». L’autorizzazione si chiede all’Enac e, in possesso di requisiti, la
si ottiene dopo circa tre settimane. Il brevetto si consegue in una delle 45
scuole accreditate. Un corso da 30 missioni e cinque ore di volo costa qualche
migliaio di euro. Poi c’è il tema dell’assicurazione, «obbligatoria per
l’utilizzo professionale con massimale minimo di 900mila euro». Se ne trovano a
premi di circa 200 euro. In tutti i casi, trasgredire non conviene: «Si
rischiano – sottolinea Delise – le stesse sanzioni di chi commette violazioni
con velivoli tradizionali».
Occhio alla privacy
Attenzione anche a come
utilizzate eventuali scatti. «Fatti salvi gli usi a fini giornalistici, –
precisa Giuseppe Busia, segretario generale del Garante della privacy - se si
vogliono diffondere le riprese fatte col drone è necessario il consenso dei
soggetti ripresi. Quando è difficile raccogliere il consenso, i soggetti devono
essere irriconoscibili o perché ripresi da lontano o con volti offuscati».
Sempre da evitare, perché sanzionabili, le riprese nelle proprietà private
altrui.
E dal punto di vista di
chi utilizza per fini professionali i droni, quali sono i problemi con cui ci
si confronta tutti i giorni? Secondo Rocco Rorandelli, fotoreporter del
collettivo Terra Project che è stato tra i primi in Italia ad avvicinarsi al
mezzo seguendo per esempio il cammino dei migranti in viaggio dalla Grecia alla
Germania per il New York Times, «c’è troppa disparità tra i regolamenti dei
diversi Paesi europei. Occorrerebbe al più presto un’armonizzazione, per
consentire agli operatori professionali di lavorare con gli stessi diritti e
doveri in tutti gli Stati membri». Ci si dovrebbe arrivare nel 2020. Meglio
tardi che mai.Guardate i consigli del Garante della Privacy in merito alla teamatica dei dei droni.
Fonte: Il sole 24 Ore