Il tema che cercheremo di trattare oggi riguarda il principio dell’addebitabilità
cosciente della colpevolezza basandosi esclusivamente sulla sussistenza del solo nesso
eziologico tra azione od omissione ed evento, senza cioè che abbia rilievo la
percezione soggettiva da parte dell’agente dell’azione od omissione che
integrano la fattispecie criminosa.

La valutazione preventiva che deve svolgere l’agente dovrà essere valutata
con giudizio “ex ante” dal giudice, ovvero considerata ponendosi nelle
stesse condizioni dell’agente, prima dell’azione che ha determinato o concorso
a determinare l’evento, ancorché si tratti di omissione.
Così ha sempre sostenuto la Corte di Cassazione: “In tema di colpa
generica, l’individuazione della regola cautelare non scritta va effettuata
provvedendo, prima, a rappresentare l’evento nei suoi elementi essenziali e,
poi, a formulare l’interrogativo se tale evento fosse prevedibile ex ante ed
evitabile con il rispetto della regola in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico
– scientifiche e delle massime di esperienza”.“In tema di reati colposi,
l’addebito soggettivo dell’evento richiede non soltanto che l’evento dannoso
sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con
l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento
alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un
evento che, con valutazione ‘ex ante’, non avrebbe potuto comunque essere
evitato”.
Ove tale giudizio ex ante, svolto secondo i suddetti rigorosi
criteri ermeneutici, porti ad affermare che non era prevedibile per l’agente,
il quale si sia posto nelle migliori condizioni di cautela, prevedere che la
sua azione od omissione abbia eziologicamente realizzato o concorso a realizzare
l’evento dannoso, egli non ne potrà rispondere penalmente poiché viene meno
l’elemento soggettivo richiesto per la punibilità del reato da parte della
norma incriminatrice.
Ci si troverà in quest’ultimo caso dinanzi ad un’ipotesi di condotta
alternativa a quella che avrebbe evitato (o concorso ad evitare, o comunque a
rendere meno grave) l’evento che tuttavia sarà lecito, perché non
soggettivamente imputabile all’agente con un giudizio di rimprovero comunque
fondato su negligenza, od imprudenza, imperizia ovvero inosservanza di leggi o
regolamenti (ovvero più di queste stesse mancanze assieme).
In questo caso, invero, di liceità di una condotta positiva od omissiva
comunque causalmente collegata con l’evento dannoso, non potrà mai ritenersi
insussistente la fattispecie criminosa nella sua materialità, ma il giudice
dovrà in ogni caso, dopo un rigoroso percorso valutativo e motivazionale di
accertamento dell’elemento soggettivo del reato con valutazione (lo si ripete) ex
ante, assolvere l’interessato perché il fatto non costituisce reato,
lasciando quindi libera l’iniziativa in sede civile al fine di ottenere
l’eventuale risarcimento del danno da parte della persona danneggiata
dall’evento dannoso.
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