Il
settimanale Newsweek in questi giorni si è chiesto: «È arrivata la fine per il
più potente social network del mondo?». Domanda non peregrina: abbiamo già
visto cadute catastrofiche nell'universo ancora giovane nato con l'invenzione
di internet. Basti pensare a MySpace, il social network nato prima di Facebook,
che nel 2005 valeva 580 milioni di dollari ed era al primo posto negli Usa
quanto a visite, e ora vale meno di 35 milioni di dollari.
Dunque nell'universo
digitale i giganti possono inciampare, e per l'appunto, sembra che Facebook non
riesca a ritrovare il passo. Il 19 Marzo, mentre il titolo in borsa continuava
a calare, portandosi dietro l'intero settore dei social media, Mark Zuckerberg
ancora non aveva mostrato la faccia o aperto bocca.
La prima comunicazione con lo staff dirigenziale della società di Menlo Park, in California, è avvenuta via streaming, ma solo con il vice Paul Grewal. Il fondatore del network si dovrebbe presentare di persona venerdì 23 Marzo, con la direttrice operativa Sheryl Sandberg, a un'assemblea dei dipendenti. Ma chi si aspetta che faccia luce probabilmente resterà deluso.
Al momento Facebook replica così: «Siamo indignati, siamo stati ingannati. Stiamo rafforzando le nostre policy per proteggere le informazioni personali». Ma mezzo mondo vuole che Zuckerberg spieghi come il network sia stato ingannato da un professore che attraverso una app ha raccolto le informazioni personali di 50 milioni di utenti, e li ha passati alla Cambridge Analytica, l'azienda di analisi dati che ha lavorato per la campagna elettorale di Trump.
La prima comunicazione con lo staff dirigenziale della società di Menlo Park, in California, è avvenuta via streaming, ma solo con il vice Paul Grewal. Il fondatore del network si dovrebbe presentare di persona venerdì 23 Marzo, con la direttrice operativa Sheryl Sandberg, a un'assemblea dei dipendenti. Ma chi si aspetta che faccia luce probabilmente resterà deluso.
Al momento Facebook replica così: «Siamo indignati, siamo stati ingannati. Stiamo rafforzando le nostre policy per proteggere le informazioni personali». Ma mezzo mondo vuole che Zuckerberg spieghi come il network sia stato ingannato da un professore che attraverso una app ha raccolto le informazioni personali di 50 milioni di utenti, e li ha passati alla Cambridge Analytica, l'azienda di analisi dati che ha lavorato per la campagna elettorale di Trump.
I
vertici della società - rivela il Guardian, citando il reportage di Channel 4
News - si sarebbero vantati di aver avuto un ruolo centrale nella vittoria del
presidente Usa. Il governo britannico vuole capire che ruolo la CA e Facebook
abbiano avuto anche nella campagna di Brexit: Zuckerberg è stato invitato a
testimoniare alla camera dei Comuni, per riferire sul suo «catastrofico
fallimento» circa la «sicurezza dei dati personali dei suoi utenti», e
contemporaneamente l'Ico (che vigila sul mercato delle comunicazioni) ha
ottenuto un mandato per condurre una sua inchiesta. Anche il presidente del
Parlamento europeo Antonio Tajani vorrebbe sentire Zuckerberg, e ha annunciato
che i deputati condurranno un'inchiesta sulla «violazione inaccettabile dei
diritti alla privacy dei dati».
Ma se l'Europa si ribella, gli Usa non sono da meno. Intanto lo stesso universo dei social media è in polemica con il padre di Facebook: l'hashtag #DeleteFacebook è diventato trending sia per chi voleva semplicemente protestare ma anche per chi cercava informazioni su come dimettersi dal social e cancellarvi le proprie tracce. Il movimento di opinione della base è stato accompagnato dalle reazioni delle autorità. La Ftc, l'agenzia governativa che si occupa della tutela dei consumatori, si è ieri interessata alla vicenda e potrebbe aprire un'inchiesta da un momento all'altro.
Ma se l'Europa si ribella, gli Usa non sono da meno. Intanto lo stesso universo dei social media è in polemica con il padre di Facebook: l'hashtag #DeleteFacebook è diventato trending sia per chi voleva semplicemente protestare ma anche per chi cercava informazioni su come dimettersi dal social e cancellarvi le proprie tracce. Il movimento di opinione della base è stato accompagnato dalle reazioni delle autorità. La Ftc, l'agenzia governativa che si occupa della tutela dei consumatori, si è ieri interessata alla vicenda e potrebbe aprire un'inchiesta da un momento all'altro.
La
Commissione Giustizia della Camera ha ottenuto che il 20 Marzo Facebook invii
un alto esponente per spiegare il pasticcio di CA, ma non ha confermato che
questo «esponente» sarà Zuckerberg. Anche la Commissione del Senato ha chiesto
chiarimenti e minaccia un'inchiesta. Il senatore repubblicano John Kennedy ha
commentato: «Sembra di essere nel film The Truman Show!».
Facebook riceve critiche anche da ex dipendenti, come Sandy Parakilas, nel 2011 e 2012 manager operativo e responsabile della protezione della privacy. Parakilas ha detto che lui stesso aveva messo in allerta i dirigenti sui rischi rappresentati dagli sviluppatori esterni: «Ero preoccupato dal fatto che gli sviluppatori avessero pieno accesso ai dati».
Facebook riceve critiche anche da ex dipendenti, come Sandy Parakilas, nel 2011 e 2012 manager operativo e responsabile della protezione della privacy. Parakilas ha detto che lui stesso aveva messo in allerta i dirigenti sui rischi rappresentati dagli sviluppatori esterni: «Ero preoccupato dal fatto che gli sviluppatori avessero pieno accesso ai dati».
E
sembra che le dimissioni di Alex Stamos, l'attuale responsabile della
sicurezza, non siano vere o siano rientrate. C'è stato un giallo sull'annuncio
di una sua uscita, ma il 19 Marzo è stato lui stesso a dire «continuo a essere
impegnato nel mio lavoro». Quanto a Wall Street, dopo il -7% registrato lunedì,
la società di Zuckerberg ieri ha continuato a perdere colpi fino a lasciare sul
campo il 5,18% per poi limitare la perdita al al 2,5%. Sono
finite ko anche le azioni Snapchat (-2,6%) e sopratutto Twitter (-10%).
Fonte: Il Messagero
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