Chi per più di dieci anni
ha lavorato di notte ha una capacità mentale paragonabile a quella di un
individuo più vecchio di sei anni e mezzo. Ma il processo è reversibile. Il
cervello di una persona impegnata in turni notturni o comunque in orari
anomali, quindi sottoposta a un’alterazione del naturale ritmo sonno/veglia,
invecchia più velocemente. E’ questa la conclusione alla quale è giunta una
ricerca franco-gallese che sottolinea però che con l’arresto dell’attività
notturna si può assistere a un netto miglioramento della salute cerebrale.
I ricercatori hanno
sottoposto tremila volontari a test di memoria, di velocità di pensiero e di
abilità cognitiva. I risultati, pubblicati sul giornale Occupational and
Environmental Medicine, dimostrano che chi per più di dieci anni ha svolto una
professione notturna ha una capacità mentale paragonabile a quella di un
individuo più vecchio di sei anni e mezzo. La buona notizia è che quando una
persona cessa di lavorare di notte, il suo cervello riprende progressivamente
ad allinearsi all’età biologica, benché questo richieda cinque anni di tempo.
La scoperta di questa capacità rigenerativa del cervello potrebbe avere
importanti conseguenze nella cura della demenza, condizione nota per
danneggiare il sonno di chi ne soffre.
La ricerca dei due atenei
è soltanto l’ultima a investigare gli effetti nocivi della mancanza di sonno.
Precedenti studi, infatti, avevano sottolineato i gravi rischi per la salute
legati ai turni in generale e in particolare a quelli notturni. Uno dei più
ampi, pubblicato nel 2012 e condotto da un team canadese-norvegese su più di
due milioni di persone, ha rilevato che tra i lavoratori che seguono i turni si
registra una crescita del 23 per cento dei rischi di infarto, un aumento del 24
per cento di eventi coronarici e un 5 per cento in più di incidenza di ictus
rispetto ai lavoratori normali. Ancora peggio la situazione di chi i turni li
fa di notte e si ritrova a fronteggiare un rischio di patologie cardiovascolari
aumentato del 41 per cento.
Uno studio della
University of Pennsylvania portato avanti su cavie da laboratorio ha
evidenziato la morte del 25 per cento delle cellule di alcune aree cerebrali a
seguito di una prolungata mancanza di sonno. Infine nel 2007 l’International
Agency for Research on Cancer definì il lavoro notturno come un possibile
agente cancerogeno. Nell’impossibilità di eliminare la turnazione lavorativa
l’unica risposta possibile appare essere una maggiore sensibilizzazione dei
lavoratori che dovrebbero sottoporsi a frequenti controlli medici e prestare
maggiore attenzione a eventuali sintomi patologici.
Fonte: Progetto Albatros News
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