Giovedì 9 febbraio 2017,
presso la Sala Caduti di Nassirya di Palazzo Madama, si è tenuta la
presentazione da parte dei senatori Giovanni Barozzino (Sinistra Italiana) e
Felice Casson (Partito democratico) del DDL: “INTRODUZIONEDEL REATO DI OMICIDIO SUL LAVORO E DEL REATO DI LESIONI PERSONALI SUL LAVOROGRAVI O GRAVISSIME”.
Il disegno di legge di modifica
del codice penale prevede pene fino a 18 anni. Punire più severamente chi
provoca la morte nei luoghi di lavoro è questo il fine del disegno di legge presentato
da Barozzino e Casson. Sulla falsariga
del dibattito sviluppatosi all’epoca dell’introduzione nel codice penale del
reato di omicidio stradale, i proponenti vogliono fare luce sul dramma, spesso
dimenticato, di tante famiglie che salutano al mattino il proprio caro che esce
per andare al lavoro e lo ritrovano, morto, la sera.
In media, queste tragedie
si ripetono più di due volte ogni giorno. Secondo l’Inail, nel 2015 (ultimo
dato ufficiale comunicato dall’Istituto), i morti sul lavoro sono stati 694,
mentre le denunce totali di infortunio mortale sono state 1.236. Per
l’Osservatorio indipendente di Bologna sugli infortuni, nel 2016 i morti sono
stati 641, se si contano soltanto gli incidenti avvenuti nei luoghi di lavoro,
che salgono però oltre i 1.400 conteggiando pure i lavoratori morti in itinere,
cioè durante il tragitto casa-lavoro. Una vera e propria strage.
«Il disegno di legge –
spiega il senatore Barozzino, primo firmatario del ddl – si inserisce nel solco
del Testo unico 81 del 2008 sulla sicurezza dei lavoratori, confermandone il
dettato ma inasprendo le pene in caso di colpa cosciente. In sostanza, chi,
consapevolmente, provoca la morte di un lavoratore, deve assumersene in pieno
la responsabilità, anche sotto il profilo penale».
L’articolo 1 del disegno
di legge, che va a modificare l’articolo 589 del codice penale, prevede la
reclusione da due a sette anni per «chiunque cagioni per colpa la morte di una
persona con violazione delle norme sugli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali». Aggravi di pena sono previsti nel caso in cui il datore di
lavoro non adempia all’obbligo di redigere il documento di valutazione dei
rischi o non nomini il responsabile della sicurezza aziendale oppure, ancora,
non comunichi all’Inail la natura delle lavorazioni svolte con i conseguenti
rischi.
La pena è aumentata da 8
a 12 anni, qualora la morte sia stata causata da agenti fisici, sostanze
pericolose o agenti biologici, come, per esempio l’amianto. Il carcere da 5 a 10
anni è invece previsto dal ddl se la morte del lavoratore è provocata da
«strumenti non conformi», come, per esempio, i trattori senza arco di
protezione (roll bar). Se a morire sono più persone, la pena può inoltre essere
aumentata fino a un massimo di 18 anni.
Infine, il ddl introduce
due nuove fattispecie di reato: l’omicidio sul lavoro in concorso con lo
sfruttamento del lavoratore e l’assenza, da parte del datore di lavoro,
dell’assicurazione sugli infortuni sul lavoro. «Un caso purtroppo frequente che
colpisce due volte le vittime e le loro famiglie, che non possono nemmeno
contare sul risarcimento del danno».
Fonte: Amblav
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