L’eventuale responsabilità del dirigente e
del preposto, sostiene la suprema Corte di Cassazione, non esclude, anche
nell’ambito di una struttura aziendale complessa, quella della figura alla
quale il Consiglio di amministrazione di una società ha attribuito tutti i
poteri e tutte le responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro,
da considerarsi pertanto il datore di lavoro dell’azienda stessa. Si tratta,
riferendosi appunto alle figure intermedie, di soggetti ipoteticamente
concorrenti nel vasto settore delle responsabilità ma la cui presenza in
azienda non esonera comunque quella del datore di lavoro.
L’evento infortunistico e l’iter giudiziario
La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza emessa dal
Tribunale con la quale il datore di lavoro di un’azienda era stato riconosciuto
colpevole delle lesioni colpose nei confronti di un lavoratore dipendente
dell’azienda stessa, con violazione della disciplina antinfortunistica, ha
ridotto, condannato, in conseguenza, alla pena di giustizia (multa di 1.000,00
euro), ha ridotto, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, la pena da
1.000,00 euro a quella di 700,00 euro di multa confermando il resto.
I Giudici di merito avevano ritenuto l’imputato responsabile, quale datore
di lavoro, delle lesioni patite dall'operaio dipendente il quale, intento, con
le mansioni di montatore alta tensione e tira fili, ad accompagnare il
sollevamento della catena di alcuni isolatori che dovevano essere sostituiti
lungo un traliccio dell'alta tensione tendendo la fune di ritorno e stando
vicino alla catena, perdeva l'equilibrio e cadeva lungo un pendio andando
quindi a sbattere contro una roccia sporgente dal terreno provocandosi pertanto
plurime fatture e una contusione polmonare.
Il profilo di colpa individuato sussistente a carico dell'imputato,
incaricato dal Consiglio di amministrazione della società di tutti i poteri e
di tutte le responsabilità in materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro, era stato di tipo sia generico che specifico per non avere in
particolare progettato correttamente nel piano operativo di sicurezza
l'operazione di sostituzione degli isolatori ed armamenti, non avendo tenuto
conto delle specifiche condizioni ambientali presenti all'interno del cantiere,
e cioè della forte inclinazione del pendio montano sul quale il lavoratore si
era trovato ad operare. Entrambi i Giudici di merito avevano al riguardo
osservato che il P.O.S. prevedeva solo i pericoli da sollevamento pesi in piano
e che la presenza di una linea vita cui stare agganciato durante l'attività
svolta avrebbe di certo impedito al lavoratore di scivolare lungo il pendio
scosceso.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
L’imputato ha ricorso in cassazione tramite il proprio difensore
affidandosi a due motivazioni. Con la prima ha censurate entrambe le sentenze
di merito sotto il profilo della corrispondenza tra l'editto di accusa ed il
contenuto decisorio, avendo l'istruttoria smentito che il lavoratore fosse
caduto a causa della trazione della fune dell'argano (nell'editto si leggeva
che, essendo andata in trazione la fune dell'argano ed essendosi mossa la
catena, l'operaio subiva il relativo contraccolpo e cadeva): il Tribunale,
infatti, discostandosi dal capo di imputazione elevato dal Pubblico Ministero,
che aveva attributo l'infortunio ad un'erronea progettazione dell'operazione di
sollevamento degli isolatori, operazione concepita in modo tale da non impedire
quel contraccolpo che avrebbe causato la condotta del lavoratore, aveva
individuato un particolare fattore di rischio nella forte inclinazione del
pendio montano sul quale il lavoratore si era trovato ad operare e, in
conseguenza, una colpa del datore di lavoro nella mancata installazione di una linea
vita alla quale il lavoratore si sarebbe potuto-dovuto ancorare, e ciò a prescindere
dalla causa prossima dell'infortunio.
La Corte di Appello, secondo il ricorrente, sorvolando sulla descrizione
del capo di imputazione, aveva ritenuto irrilevante stabilire la causa
immediata della caduta dell'operaio poiché, in quel concreto contesto fattuale
con un cantiere in pendenza era prevedibile che una perdita di equilibrio,
qualunque ne fosse stato il motivo, avrebbe cagionato un rotolamento, attesa la
forte inclinazione del terreno. La stessa Corte, inoltre, aveva disatteso le
doglianze difensive svolte in appello circa la concreta dinamica
dell'infortunio e circa la colpa del datore di lavoro ed avrebbe addirittura
travisato i fatti, collocando erroneamente il lavoratore sul pendio impervio e
l'attrezzatura su di uno spiazzo sostanzialmente pianeggiante a monte del
traliccio, mentre, in realtà, l'istruttoria avrebbe dimostrato che sia
l'attrezzatura che il lavoratore erano in piano sul medesimo spiazzo, collocato
appunto a monte del traliccio, e che il pendio iniziava a valle del piano e
proseguiva in direzione del traliccio ed oltre per cui ne sarebbe disceso la
non necessità nel caso concreto di una linea vita.
Come seconda motivazione l’imputato si è lamentato del fatto che la Corte
di Appello non aveva tenuto conto che era stata conferita una delega alla
sicurezza a un dirigente dell’azienda e a un preposto la responsabilità della
sicurezza nel cantiere e che, essendo l’impresa una società di grandi
dimensioni diffusa sul territorio nazionale, non si poteva prescindere dalla
sua suddivisione per settori, rami e servizi, dovendosi fare riferimento in
concreto alla singola struttura aziendale nella quale appunto il dirigente e il
preposto erano stati formalmente incaricati dei compiti di segnalare eventuali
fattori di rischio non previsti, anche in via preventiva, in modo da poter
sospendere i lavori ed informare la società affinché venisse aggiornato il
P.O.S..
Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha
pertanto rigettato. La stessa ha messo in evidenza che qualunque fosse stata la
causa "immediata" della perdita di equilibrio del lavoratore e pur
ammettendo che il malcapitato si trovasse in un tratto in piano, l'assenza di
una linea vita aveva, comunque, fatto sì che lo stesso fosse rotolato sino ad
andare a sbattere contro il traliccio subendo le rovinose conseguenze. Del
resto, ha precisato la Sez. IV, secondo quanto accertato dai Giudici di merito,
il P.O.S. era generico e non prevedeva
quel tipo di attività da svolgersi in zone in pendenza.
Con riferimento invece alla seconda motivazione la Corte di Cassazione ha
precisato che l'eventuale responsabilità del dirigente e del preposto non
sarebbe stata certo valida ad escludere quella del datore di lavoro. Facendo
riferimento a tali figure, la Sezione IV ha sostenuto che “si tratta di
figure ipoteticamente concorrenti nel vasto settore della responsabilità ma, in
ogni caso, la presenza dei due non esonera l’imputato, da considerarsi datore
di lavoro siccome incaricato dal Consiglio di amministrazione della s.p.a di
tutti i poteri e di tutte le responsabilità in materia di salute e sicurezza
sui luoghi di lavoro”.
Corretta ha ritenuta, infine, la Corte di Cassazione la motivazione della
sentenza impugnata allorché ha valorizzato il mancato rispetto della forma
scritta per la delega da conferire eventualmente a un dirigente o ad altri. Il
conferimento dell’incarico di "construction manager" al dirigente, ha
così concluso la Corte suprema, e di "capo cantiere " al preposto,
con atti entrambi firmati dai dipendenti, non è risultato avere, in realtà, il
concreto contenuto di una delega scritta.
Fonte: Punto Sicuro
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