venerdì 27 novembre 2015

Intelligenza Emotiva



Per meglio comprendere il significato del concetto di intelligenza emotiva analizziamone le radici, già negli anni venti dello scorso secolo Thorndike sosteneva l’esistenza di un intelligenza sociale che coincideva con la capacità di capire e dirigere le persone ed agire saggiamente nelle relazioni interpersonali. Abbastanza simile a questa intelligenza è l’intelligenza interpersonale proposta invece da Gardner negli anni ottanta e che coincide con la capacità di riconoscere e fare distinzioni riguardo i sentimenti, le intenzioni e le credenze altrui.

A questo tipo d’intelligenza Gardner ne affiancava una seconda più introspettiva: l’intelligenza intrapersonale, ovvero la capacità di riconoscere i propri sentimenti. Questi due tipi di intelligenza quando sono considerati insieme costituiscono l’intelligenza personale. Secondo Gardner, infatti, intelligenza intrapersonale ed interpersonale sono strettamente collegate e per questo motivo non è semplice riuscire sempre a distinguerle. Tuttavia, una prova della loro autonomia sarebbero ad esempio i bambini autistici in cui è compromessa l’intelligenza interpersonale ma non quella intrapersonale. 

Gardner includeva queste due tipologie di intelligenza insieme ad altre cinque all’interno del suo modello delle intelligenze multiple. In particolar modo, questo studioso criticava la visione, allora predominante, secondo la quale l’intelligenza coincide con una capacità unitaria di ragionamento logico. Il contributo di Gardner ha indubbiamente spianato il terreno per il successivo affermarsi dell’intelligenza emotiva. 

La prima definizione si deve al lavoro di Salovey e Mayer (1990) che definiscono l’intelligenza emotiva come “l’abilità di monitorare le emozioni e i sentimenti propri e altrui, distinguere tra questi ed usare le informazioni per guidare il pensiero e le azioni di qualcuno”. In particolare questi due studiosi considerano l’intelligenza emotiva come un sottoinsieme dell’intelligenza intrapersonale ed intrapsichica di Gardner.  

In aggiunta, Salovey e Mayer (1990) considerano l’intelligenza emotiva come l’abilità di processare l’informazione affettiva. Quest’abilità comporterebbe in particolar modo il coinvolgimento di tre processi differenti: valutazione ed espressione delle emozioni in se stessi e negli altri, regolazione delle emozioni in se stessi e negli altri, uso delle emozioni in modo adattivo. Il best-seller di Goleman (1995), “Intelligenza Emotiva”, è stato fondamentale perché il concetto diventasse estremamente popolare anche al di fuori del campo della ricerca psicologica. 

Negli anni successivi la ricerca sull’intelligenza emotiva o anche quoziente emozionale, come spesso è stato chiamato, hanno preso sempre più il sopravvento ottenendo un attenzione crescente sia dal mondo scientifico che da quello popolare. Per Goleman (1995), l'intelligenza emotiva coincide con la perseveranza nel raggiungere un obiettivo, con la capacità di motivare se stessi, ma anche con la predisposizione all'empatia, alla speranza, all'ottimismo e all'assertività. Tuttavia queste sono dimensioni che appartengono alla personalità e dunque dovrebbero essere ortogonali all'intelligenza.

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