mercoledì 18 novembre 2015

Lavoro in solitudine


Il lavoro in solitudine sta crescendo anche a causa dell’evoluzione tecnica e presenta tre caratteristiche rilevanti per la salute e la sicurezza del lavoratore, ma anche per la sicurezza generale nell'azienda:
  • in primo luogo espone alla possibilità di non essere soccorsi in caso di malore o in caso di infortunio;
  • in secondo luogo mette il lavoratore in condizione di affrontare da solo situazioni che richiedono una consapevolezza della situazione e una presa di decisione, a fronte di eventi più o meno anomali legati al processo lavorativo e alla sua sicurezza;
  • la terza criticità è collegata ad aspetti di natura psicologica e sociale che possono avere importanti ripercussioni sullo stato di benessere del lavoratore: ed è il tema dello stress legato alla specifica condizione del sentirsi da solo.
Per quanto riguarda l'aspetto legato all’allarme a fronte di malori, infortuni, incidenti, oggi le soluzioni tecnologiche (sistemi di trasmissione, GPS, applicazioni ai cellulari, segnalatori automatici di malessere, eccetera) sono in grado di offrire una risposta, soprattutto se combinate tra loro.
Sono invece, scarsamente affrontati gli altri due aspetti che incidono sia sui comportanti indotti dal lavoro in solitudine, sia quelli connessi ai processi decisionali.

Nel primo caso pensiamo all’abuso di alcol (se si è da soli è più facile sfuggire ai divieti di consumo in orario di lavoro) e all’abuso di fumo possono a loro volta divenire un fattore di difficoltà nell’assunzione di decisioni in situazioni critiche, e quindi rappresentare un fattore di rischio per la persona e un pericolo per il processo produttivo. Lo stesso abuso di cibo è contrario al benessere e alla salute del lavoratore.

E’ ben vero che si tratta di comportamenti spesso vietati nell’ambiente di lavoro, ma è altrettanto vero che esistono e che non prendere in considerazioni il fatto che possano essere stimolati o accentuati da determinate condizioni di lavoro non appare produttivo per chi si voglia veramente occupare del benessere dei lavoratori.

Vi sono, inoltre, molte situazioni nei quali il lavoratore è chiamato a prendere delle decisioni. Può trattarsi di eventi improvvisi, anche se non inattesi, di eventi che possono compromettere la sicurezza per lui stesso, per il processo produttivo e anche per le strutture aziendali.  Per la maggior parte di queste situazioni è verosimile (e obbligatorio) che l'azienda abbia condotto delle previsioni, sviluppato piani di intervento se non addirittura di veri piani di emergenza. E che abbia impegnato il lavoratore in opportuni corsi di formazione, ripetuti nel tempo.

Pur tuttavia vi è sempre un margine decisionale da parte del lavoratore sia nel dare risposta agli eventi (accorgersi di un’anomalia, di un malfunzionamento), sia nel decidere quale soluzione adottare per risolverli.

Questo aspetto è simile alla condizione di altri lavoratori, che pur non essendo definibili come lavoratori in solitudine si possono trovare ugualmente soli nel prendere decisioni vitali: pensiamo agli infermieri soli di notte nei reparti ospedalieri, o agli operatori di notte nelle case di riposo: appunto non soli, ma con l’affidamento di persone a loro affidate, le cui condizioni di salute possono aggravarsi in breve tempo. Anche il loro processo decisionale si svolge, almeno per un certo tempo, in solitudine e sotto la tensione di una forte responsabilità. Condizioni in cui è più facile sbagliare.

Se il lavoro in solitudine non rappresenta di per sé un rischio, bensì una condizione di lavoro che può esporre il lavoratore alle tre situazioni di rischio accennate, è allora il caso di ridurlo al minimo. Tra le misure da adottare, la valutazione dei rischi, la formazione ripetuta, la sorveglianza sanitaria, la valutazione dello stress lavoro correlato. 

Tra le scelte organizzative, è il caso di prevedere, ad esempio, che non siano sempre gli stessi soggetti ad essere adibiti al lavoro in solitudine, indipendentemente dalle loro opzioni. Riteniamo infatti sia compito dell'organizzazione favorire la rotazione e non caricare di turni di solitudine coloro che si offrono. Occorre, in altri termini, abbandonare la logica della disponibilità per abbracciare quella dell’idoneità.

Altra misura di attenuazione può consistere in un periodico contatto audio/video con il lavoratore che opera in queste condizioni.

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