venerdì 6 novembre 2015

L’evitabilità dell’infortunio sul lavoro e la causalità della colpa



Il tema che cercheremo di trattare oggi riguarda il principio dell’addebitabilità cosciente della colpevolezza basandosi esclusivamente sulla sussistenza del solo nesso eziologico tra azione od omissione ed evento, senza cioè che abbia rilievo la percezione soggettiva da parte dell’agente dell’azione od omissione che integrano la fattispecie criminosa.

Per comprendere appieno i contorni della responsabilità colposa, si deve avere riguardo dell’atteggiamento psicologico dell’agente, il quale ha l’obbligo giuridico preventivo di considerare le conseguenze derivanti dal suo agire o non agire; cosicché egli dovrà rispondere per colpa tutte le volte in cui non abbia tenuto conto di tali conseguenze, violando così le regole di diligenza, perizia, prudenza nonché l’obbligo di osservare la legge.

La valutazione preventiva che deve svolgere l’agente dovrà essere valutata con giudizio “ex ante” dal giudice, ovvero considerata ponendosi nelle stesse condizioni dell’agente, prima dell’azione che ha determinato o concorso a determinare l’evento, ancorché si tratti di omissione.

Così ha sempre sostenuto la Corte di Cassazione: “In tema di colpa generica, l’individuazione della regola cautelare non scritta va effettuata provvedendo, prima, a rappresentare l’evento nei suoi elementi essenziali e, poi, a formulare l’interrogativo se tale evento fosse prevedibile ex ante ed evitabile con il rispetto della regola in oggetto, alla luce delle conoscenze tecnico – scientifiche e delle massime di esperienza”.“In tema di reati colposi, l’addebito soggettivo dell’evento richiede non soltanto che l’evento dannoso sia prevedibile, ma altresì che lo stesso sia evitabile dall’agente con l’adozione delle regole cautelari idonee a tal fine (cosiddetto comportamento alternativo lecito), non potendo essere soggettivamente ascritto per colpa un evento che, con valutazione ‘ex ante’, non avrebbe potuto comunque essere evitato”.

Ove tale giudizio ex ante, svolto secondo i suddetti rigorosi criteri ermeneutici, porti ad affermare che non era prevedibile per l’agente, il quale si sia posto nelle migliori condizioni di cautela, prevedere che la sua azione od omissione abbia eziologicamente realizzato o concorso a realizzare l’evento dannoso, egli non ne potrà rispondere penalmente poiché viene meno l’elemento soggettivo richiesto per la punibilità del reato da parte della norma incriminatrice.

Ci si troverà in quest’ultimo caso dinanzi ad un’ipotesi di condotta alternativa a quella che avrebbe evitato (o concorso ad evitare, o comunque a rendere meno grave) l’evento che tuttavia sarà lecito, perché non soggettivamente imputabile all’agente con un giudizio di rimprovero comunque fondato su negligenza, od imprudenza, imperizia ovvero inosservanza di leggi o regolamenti (ovvero più di queste stesse mancanze assieme).

In questo caso, invero, di liceità di una condotta positiva od omissiva comunque causalmente collegata con l’evento dannoso, non potrà mai ritenersi insussistente la fattispecie criminosa nella sua materialità, ma il giudice dovrà in ogni caso, dopo un rigoroso percorso valutativo e motivazionale di accertamento dell’elemento soggettivo del reato con valutazione (lo si ripete) ex ante, assolvere l’interessato perché il fatto non costituisce reato, lasciando quindi libera l’iniziativa in sede civile al fine di ottenere l’eventuale risarcimento del danno da parte della persona danneggiata dall’evento dannoso.

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